La copertina de L'Atlante Storico della Terra di Christian Grataloup, su uno sfondo bianco.

La modernità che stiamo vivendo è caratterizzata dalla ricerca di risposte facili a problemi complessi. Questa necessità, cavalcata da politica e media, ha portato a una sovrabbondanza di risposte spesso ultra-semplificate, divenute presto un molesto e ammaliante rumore di fondo che velocemente inghiottito ogni discussione. L’appiglio è un ritorno ai dati, alla Storia, alle teorie provate, alla scienza. Il lavoro di Christian Grataloup insieme al suo abbondante team di collaboratori cuce insieme diversi approcci e discipline per proporre un quadro che abbraccia l’intera estensione della conoscenza umana filtrata attraverso il poresente e il passato, la tecnologia attuale e lo spirito enciclopedico dell’Illuminismo.

L’Atlante storico della Terra raccoglie attraverso 300 mappe e infografiche il percorso non tanto dell’umanità, prima comparsa e poi protagonista solo nell’ultima parte del racconto per immagini, ma dell’intero pianeta, col risultato di mettere in prospettiva le nostre minuscole faccende, al contempo visualizzandone analiticamente impatto, questo tutt’altro che minuscolo. 

Il risultato è un sintesi che non banalizza, l’opposto della semplificazione; la mole più imponente del lavoro (ovvero la raccolta e la selezione delle informazioni) è escluso dalla pagina, su cui approdano invece immagini chiare, appaganti, e accompagnate da notazioni puntuali ed esaustive che ampliano il significato di ciò che l’occhio vede. L’Atlante Storico della Terra illustra la conoscenza in tutte le accezioni del termine, ma soprattutto srotolando davanti al lettore un percorso di accumulo lungo ere geologiche che sarebbe altrimenti impossibile da cogliere dalla mente umana. 

Nei giorni scorsi, attraverso la mediazione dell’ufficio stampa de L’Ippocampo, siamo riusciti a metterci in contatto con Christian Grataloup e approfondire con lui metodi e ambizioni di questo enorme lavoro enciclopedico che è L’Atlante Storico della Terra.

Gif di due mani che sfogliano il libro L?Atlante Storico della Terra

Assistiamo di recente a una nuova giovinezza di atlanti ed enciclopedie: a quale bisogno umano rispondono, secondo lei, e perché ha scelto di dedicarsi a questa particolare forma narrativa per sensibilizzare sui rischi che l’umanità sta correndo?

In generale, oggi sono sempre di più le opere con contributi diversificati, spesso a opera di autori diversi. C’è una ricerca di un’atomizzazione del sapere. Da una quarantina d’anni ci troviamo in un paesaggio intellettuale marcato da ciò che ci conviene definire “post-modernità”. Le grandi architetture teoriche che strutturavano i dibattiti intellettuali precedenti, il marxismo e lo strutturalismo in particolare, sono state spazzate via sul calare del XXesimo secolo senza essere rimpiazzate da quadri intellettuali equivalenti.

In storia, si parla della “fine delle Grandi Storie”. La pratica di fonti intellettuali, dei veri e propri kit, che i lettori possono consultare quanto e come vogliono, costruendoci una riflessione propria, ha preso dunque piede. Le abitudini acquisite dall’uso di Internet hanno oltremodo contribuito a questo modo di accedere agli elementi della riflessione.

Gli atlanti hanno un posto in questo contesto. Introduco necessariamente una dimensione spaziale, a volte per il loro essere necessariamente oggetti geografiche e a volte per il loro modo di scrittura grafico.

Il loro rinnovamento è contemporaneo alla presa di coscienza generale. Lo testimonia un termine che si è imposto in tutte le lingue: “globalizzazione”. Allo stesso tempo che si cancellano “le grandi Storie”, la visione di una storia degli esseri umani tutta lineare si svela. È la fine dell’idea dominante del Progresso (con la maiuscola). Gli atlanti storici che fino a questo momento che degli strumenti figli di questo pensiero si sono trasformati, al passo con i tempi dei cambi generazionali, in un codice d’espressione fondamentale per tracciare la complessità dei percorsi storici, per decentrare lo sguardo.

In un mondo che pretende risposte semplici a domande complesse, L’Atlante offre risposte complesse, ma ben illustrate e spiegate: può essere questo l’approccio giusto per salvare informazione e scienza dalla crisi attuale?

Sì, tutti gli atlanti permettono due cose: utilizzare al meglio la varietà dei processi di scrittura, a volte testuali e grafici, quindi, certamente, la cartografia, ma anche tutte le forme di infografica. La regola che ci siamo imposti per l’Atlante storico della Terra e anche per l’Atlante storico mondiale è stata di lavorare per doppie pagine autonome, concentrate ciascuna su un tema ben delimitato, obbligando così a densificare il messaggio, andando dritti all’essenziale per poter offrire una quantità importante di informazioni e riflessioni. La doppia pagina permette allo stesso modo la lettura autonoma di ognuna, senza aver per forza dovuto leggere le precedenti. La navigazione tra le pagine dell’atlante è quindi molto più libera che in un testo classico e permette di scegliere il percorso; noi ne suggeriamo alcuni, in alto a ogni pagina di destra. Quindi, in un mondo dove l’informazione scientifica è sempre più massiccia, diversificata e dibattuta, il lettore ha effettivamente bisogno dei punti solidi che ci garantiscono i numerosi contributi scientifici e un approccio più aperto: cerchiamo di fare il meglio.

Che differenza c’è tra lo spirito enciclopedico del XVIII e il suo approccio molto contemporaneo all’Atlante?

Sono fiero di aver per lungo tempo insegnato in un’università che porta il nome del padre della più celebre delle enciclopedie, Denis Diderot. Ma oggi sono passati più di due secoli…

Rimando, per la risposta, alla prima domanda. Dalla fine del XXesimo secolo, nei paesi occidentali, ciò che chiamavamo “Modernità” non è stato più il nostro orizzonte intellettuale e sociali. Per certe correnti, questa può significare un rifiuto del solo progresso. Ma questo cambiamento è necessario affinché la prospettiva della storia umana possa prendere coscienza e comprendere in retrospettiva la pluralità delle società e la gestione del pianeta, ritornando agli approcci da troppo tempo separati di “natura” e “cultura”.

Il titolo completo dell’opera sarebbe potuto essere: “Atlante storico della Terra e del suo uso da parte degli esseri umani”. Solo dalla quarta parte su 9 gli umani compaiono. Inizialmente come “animali umani” e, poi, sempre più sociali. Le cinque ultime parti sono tutte concentrate sull’uso che gli umani fanno del pianeta Terra. Credo che ci siamo evoluti a partire dall’idea di enciclopedia del XVIII secolo, ma non abbiamo tradito le sue ambizioni.

Infine una domanda più pratica, metodologica: come nasce un Atlante? Come funziona il dialogo tra i diversi contributori e gli artisti che si dovranno occupare di creare illustrazioni complementari ai testi?

I cartografi e i grafici sono presenti sin da subito in quest’avventura. Non sono dei testi che vengono illustrati, ma sono le figure e le carte che hanno bisogno di un complemento d’informazione sottoforma di testo o cronologia. È una scelta essenziale di tutta questa collezione di atlanti mettere in priorità l’immagine prima del testo. Questo è dovuto anche dal fatto che sono prima di tutto dei geografi, in dialogo con degli storici, a prendere parte al progetto.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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